Approfondimenti

Il gomito del tennista

Popolarmente conosciuta come “il gomito del tennista”, l’epicondilite laterale è un’infiammazione dolorosa dei tendini che collegano i muscoli dell’avambraccio alla parte esterna del gomito. Viene comunemente definita “il gomito del tennista” poiché il tennis è uno sport che mette sotto pressione l’articolazione interessata. Ma ci sono anche altre attività, non necessariamente atletiche che possono scatenare questo disturbo.

L’epicondilite laterale si manifesta con indolenzimento e dolore localizzato nella zona del gomito che si irradia fino al polso, indebolimento della mano fino a limitarne i movimenti. La patologia può presentarsi in forma acuta (in caso di un evento scatenante come un trauma) o cronicizzarsi (in seguito ad esempio a micro-traumi ripetuti nel tempo) dando origine a recidive.

Il dolore al gomito può essere affrontato localmente con ghiaccio e pomate. Nella fase più acuta è importante evitare di stressare ulteriormente l’articolazione utilizzando ad esempio un tutore.

La lussazione della spalla

Si tratta di un infortunio molto comune caratterizzato dalla fuoriuscita permanente della testa dell’omero dalla cavità glenoidea della scapola: ciò provoca un forte dolore, la caduta della spalla e l’impossibilità di muovere il braccio.

La lussazione della spalla ha di solito un’origine traumatica, si verifica ad esempio in seguito ad una caduta o ad un movimento brusco e innaturale, ma può anche dipendere da una lassità articolare congenita o acquisita.

Di fronte ad una lussazione accertata, attraverso manovre concrete l’ortopedico ricollocherà la testa dell’omero nella sua sede corrispondente. In seguito si immobilizzerà il braccio con un bendaggio per almeno due settimane.

Quello che può preoccupare nella lussazione della spalla è la sua tendenza a presentare recidive. Se interessa giovani sotto i 20 anni, infatti, la possibilità che si verifichi un nuovo evento è molto alta causando danni alle strutture che garantiscono stabilità alle articolazioni.

Per questo, in caso di lussazione recidivante l’ortopedico può suggerire di ricorrere all’intervento chirurgico che avviene in artroscopia e consente, dopo la riabilitazione, il recupero completo della spalla.

Sindrome della spalla dolorosa

La sindrome della spalla dolorosa colpisce indistintamente giovani e anziani. Di fatto è favorita nella maggior parte dei casi da una genesi infiammatoria per cui le cause vanno ricercate all’interno dell’articolazione.

In molti casi, soprattutto tra i più giovani, si rileva un’origine meccanica, quando per esempio un tendine della cuffia dei rotatori è parzialmente lesionato, oppure la presenza di una calcificazione – agglomerati di sali di calcio all’interno dei tendini che determina un conflitto tra il contenente e il contenuto per cui all’interno dell’articolazione c’è qualcosa che non dovrebbe esserci e che occupa spazio comprimendo le altre strutture – o ancora la presenza di capsuliti (in gergo spalla congelata) che sono processi infiammatori così importanti da provocare una retrazione della capsula, un vero e proprio blocco della spalla, comportando non solo un forte dolore ma anche significativi limitazioni funzionali.

Nei più anziani, invece, il dolore alla spalla può insorgere in seguito ad una problematica di natura degenerativa, in questo caso della cuffia dei rotatori, per cui non risultano così gravi da dover ricorrere all’intervento chirurgico ma, al tempo stesso, non trovano soluzioni adeguate al proprio dolore.

Vanno in un certo senso rieducati al fine di evitare quei movimenti, su tutti quelli che richiedono l’estensione del braccio al di sopra dell’altezza della spalla, perché ciò potrebbe peggiorare il disturbo. Prima di intraprendere qualunque terapia ed attendersi dei risultati, comunque, occorre una diagnosi corretta: spesso il paziente non trova la soluzione perché il suo problema non è stato inquadrato correttamente. E, per chi non lo sapesse, è bene ricordare come il dolore alla spalla tenda a peggiorare nelle ore notturne: quando si sta in piedi, infatti, la gravità attrae il braccio verso il basso allontanando così la porzione prossimale dell’omero dall’acromion riducendo conseguentemente la compressione delle strutture poste all’interno di questa articolazione.

Il dolore all’anca può affliggere adulti e bambini

Il dolore dell’anca o coxalgia può dipendere da svariati motivi e può colpire indistintamente adulti e bambini.

In generale i maggiori fattori predisponenti sono un’incipiente artrosi, traumi di origine sportiva o significativi difetti posturali.

La problematica della coxalgia non ha oggi un’incidenza maggiore rispetto a quella calcolata in passato. Quel che invece è cambiato e sta ancora cambiando sono le relative tecniche di trattamento e di chirurgia, posto naturalmente che il dolore può avere diverse cause ed essere la spia di problemi diversi, fra gli adulti e i bambini.

Quando la coxalgia colpisce i più piccoli, gli imputati principali sono in ambito pediatrico i problemi di tipo vascolare del nucleo di accrescimento della testa del femore e, a seguire, le infezioni dell’articolazione, discretamente frequenti, e suscettibili di un trattamento per via antibiotica o con un intervento di lavaggio del materiale purulento dall’articolazione.

Coxoartrosi ovvero l’artrosi dell’anca

La coxoartrosi, detta anche artrosi dell’anca, è una particolare condizione infiammatoria cronica che si verifica quando la cartilagine si usura. Si tratta della patologia che più comunemente coinvolge l’anca e che tende a degenerare con l’invecchiamento, soprattutto se trascurata nello stadio iniziale.

L’anca è un’articolazione molto importante, sostiene il peso del corpo ed è coinvolta in ogni movimento: permette di camminare, alzarsi, sedersi… Per questo è particolarmente soggetta ad usura e quindi più predisposta all’artrosi.

I primi sintomi di coxoartrosi tendono a comparire intorno ai 50 anni, soprattutto fra le donne in menopausa. Il primo campanello d’allarme è il dolore localizzato nella zona dell’inguine, accompagnato da rigidità, difficoltà a camminare e mal di schiena.

La rottura del menisco

Forse non tutti sanno che le lesioni del menisco costituiscono il 70% dei traumi che riguardano il ginocchio.

Ma cos’è il menisco? Si tratta di una struttura fibrocartilaginea con funzione ammortizzante per i movimenti che effettua il ginocchio durante la corsa, i salti o durante la semplice camminata.

Il menisco si può rompere in seguito ad un infortunio sportivo (una caduta sugli scii) oppure successivamente a micro-traumi ripetuti nel corso del tempo causati ad esempio da un lavoro usurante che prevede ripetuti piegamenti e continue estensioni del ginocchio: giardinieri, muratori e piastrellisti sono le categorie più soggette a questo tipo di lesioni.

Il sintomo più chiaro della rottura del menisco è il dolore al ginocchio, sia a riposo, sia mentre si carica il peso. Inoltre il dolore può essere accompagnato da gonfiore, sensazione di instabilità, cedimento o di corpo estraneo nel ginocchio con conseguente difficoltà a muoversi.

Quando operare? Quando le lesioni sono causate da un processo degenerativo per invecchiamento l’intervento chirurgico viene di solito escluso per preferire un approccio più di tipo conservativo. In questo caso si punterà a curare i sintomi della lesione con riposo, antinfiammatori, ghiaccio, esercizi di fisioterapia e sport che non prevedono carico come cyclette e nuoto.

Nei pazienti più giovani invece, se il ginocchio rimane dolorante o bloccato, si può ricorrere all’operazione in artroscopia.

Lesione del crociato anteriore

È uno degli infortuni più frequenti negli sportivi, e forse il più temuto: la lesione del legamento crociato anteriore, uno dei quattro legamenti che compongono l’articolazione del ginocchio e che contribuisce alla sua stabilità.

La rottura del legamento crociato anteriore può avvenire in seguito ad una distorsione del ginocchio oppure successivamente ad un impatto brusco, come un incidente stradale. Per capire se il crociato è rotto bisogna sottoporsi ad un esame clinico e ad accertamenti radiologici, una lastra e una risonanza magnetica. Riassumendo se il ginocchio appare gonfio, dolente e instabile si potrebbe trattare di una lesione del LCA.

In molti casi il trattamento prevede ginnastica riabilitativa, tutori, potenziamento muscolare e medicinali antidolorifici. Nei casi più gravi, invece, è necessario ricorrere all’intervento chirurgico che si svolge in artroscopia. Il legamento crociato anteriore, infatti, è poco vascolarizzato e quindi non riesce a rigenerarsi da solo, per questo motivo, in caso di rottura totale, l’unico modo per riacquisire la piena funzionalità dell’articolazione è ricorrere all’operazione.

Ma si può stare tranquilli? Come insegna la storia di molti calciatori l’intervento in artroscopia assicura nella maggioranza dei casi una rapida ripresa e, dopo qualche mese di convalescenza, si può tornare in campo.

Le patologie a carico della schiena: la cifosi

Dolori alla schiena, stanchezza, rigidità: sono solo alcuni dei sintomi della cifosi. Si tratta di una curvatura della colonna vertebrale che provoca l’arrotondamento della schiena nella parte superiore.

Può essere congenita se presente alla nascita, a causa di un’anomala fusione tra una o più vertebre e spesso necessita dell’utilizzo di un tutore ortopedico. Ma la cifosi può anche essere acquisita, ovvero causata da fattori esterni quali una postura scorretta, anomalie alle vertebre, osteoporosi, presenza di tumori, oppure se insorge in età avanzata potrebbe essere la conseguenza dell’invecchiamento e della degenerazione dei dischi intervertebrali che consentono i movimenti. Per diagnosticare la cifosi sarà sufficiente una visita in ambulatorio accompagnata da una radiografia o una TAC.

Generalmente, la cifosi viene trattata per via farmacologica e mediante specifici esercizi di riabilitazione e ginnastica posturale mirati al rafforzamento dei muscoli addominali e dorsali. Nei casi più gravi e invalidanti invece, o quando vi è un evidente disagio estetico, l’ortopedico potrebbe consigliare la chirurgia con l’obiettivo di ridurre la curva cifotica.

Il colpo della strega

L’Epifania tutte le feste si è portata via ma, complice il freddo degli ultimi giorni, per qualcuno la befana ha lasciato in dono il colpo della strega. Di che si tratta? Il colpo della strega è una forte lombalgia che si manifesta improvvisamente in seguito a movimenti abituali o a sforzi incontrollati.

Quali sono i sintomi con cui si manifesta? Il dolore nella zona lombare, la parte bassa della schiena, è la caratteristica più evidente di questa sindrome. Esordisce in maniera brusca portando rigidità e blocchi alla colonna.

Quali sono le cause? Sono molteplici e dipendono da svariati fattori: dal colpo di freddo alla postura scorretta, dalla sedentarietà all’ernia del disco, dall’artrosi vertebrale all’obesità. La compressione dei nervi spinali in questi casi porta come effetto immediato la contrazione dei muscoli per cui si ha la sensazione di rimanere bloccati.

Cosa fare? In fase di lombalgia acuta è bene sdraiarsi su una superficie dura allo scopo di riallineare la colonna. Molto indicata in questi casi l’applicazione di una fonte di calore allo scopo di rilassare e decontrarre la muscolatura.

Le tendinopatie del piede

Le tendinopatie del piede son un disturbo frequente che affligge molte persone, sportive e non, e che può arrecare dolore e gonfiore.

Ne distinguiamo diverse tipologie: la tendinopatia achillea, una delle più frequenti, la tendinopatia del tibiale anteriore, quella dei tendini flessori ed estensori delle dita ed, infine, quella del tibiale posteriore. In quest’ultimo caso, si tratta di una tendinopatia molto legata ai dismorfismi (modificazioni anatomiche permanenti) del piede.

L’origine delle tendinopatie il più delle volte è riconducibile ad un sovraccarico funzionale del tendine dovuto ad un fisiologico processo di usura, a sollecitazioni eccessive ripetute nel tempo (come avviene tra gli sportivi) o ad alcune deformità della struttura del piede che possono minare la meccanica di uno o più tendini. Meno frequenti i casi di tendinopatie del piede originate da malattie metaboliche (come per esempio il diabete che provoca un’alterazione del microcircolo che condiziona la vascolarizzazione tendinea mettendo a rischio la salute dei tendini), da patologie sistemiche o da tendinite calcifica che mina seriamente il modulo di elasticità dei tendini.

Dolore sotto il piede: la patologia dei runner

Dolore acuto e intenso sotto il piede, dal tallone fino alle dita, che si manifesta soprattutto con i primi passi del mattino? Potrebbe trattarsi di fascite plantare. Un disturbo che colpisce gli sportivi come i runner, le persone in sovrappeso e che può essere scatenato anche da calzature inappropriate, logore o troppo basse.

Nella maggior parte dei casi la fascite plantare si risolve con il riposo e la sospensione temporanea di qualsiasi attività sportiva alle prime avvisaglie del disturbo. Per alleviare il dolore, lo specialista potrà consigliare l’assunzione di farmaci antidolorifici; utili possono essere anche gli esercizi di stretching e il ricorso ad un sostegno plantare come una talloniera in silicone. Anche le terapie fisiche, come la tecar e le onde d’urto si sono rivelate efficaci nella cura della fascite plantare.

Cos’è la tribologia?

La tribologia è la scienza che studia l’attrito, la lubrificazione e l’usura di superfici a contatto e in moto relativo. Il suo nome deriva dal greco ‘Τριβος’ (“tribos”) che significa ‘strofinamento’ e ‘λόγος'(“logos”) che significa ‘ragionamento’.

Per la sua complessità, l’indagine tribologica affianca quasi sempre, ai risultati teorici, risultati sperimentali, specialmente per l’attrito e per l’usura.

È bene prestare molta attenzione alla tribologia, la scienza che studia i materiali. Non è un caso se gli studi condotti in questo ambito hanno portato ad un evidente miglioramento dei materiali da impiegare, ad un loro più intelligente accoppiamento, ad un ridotto ingombro e ad un indice di attrito sensibilmente più basso che ha sancito l’avvento delle protesi parziali.

Le cellule mesenchimali rigenerano le cartilagini?

La medicina sta proponendo ormai da anni terapie rigenerative per l’apparato muscolo-scheletrico, ma ad oggi quanto c’è di reale? Tentiamo di fare chiarezza per non incappare in fake news.

Si sente parlare di cellule mesenchimali, spesso erroneamente chiamate staminali. Le cellule mesenchimali sono cellule in grado di differenziarsi in diversi tipi cellulari del tessuto scheletrico, come ad esempio condrociti (cellule cartilaginee), osteciti (cellule dell’osso), adipociti (cellule del grasso) e così via. Gli scienziati stanno studiando in che modo le cellule mesenchimali possano essere adoperate nel trattamento delle malattie delle ossa e della cartilagine.

La ricerca sulle cellule mesenchimali sta anche esplorando terapie per altri tipi di patologie, ma le basi scientifiche di queste applicazioni sono ancora in fase di accertamento e validazione.

Ad oggi la letteratura chiarisce che, se il trattamento è solo infiltrativo, non vi è evidenza scientifica che vi sia rigenerazione tissutale, inoltre i trattamenti cellulari non correggono le cause che hanno prodotto il danno. Le cellule mesenchimali sono utili solo se associate a tecniche di “riparazione”.

Nel caso del danno cartilagineo la loro applicazione può trovare un favorevole risultato se associata a tecniche come le micro fratture, le nano fratture, al trapianto autologo di condrociti, etc., tecniche che devono essere valutate da caso a caso.

Non sono convinto ad oggi, come indicato dalla comunità scientifica, dell’utilità delle cellule mesenchimali, nella reale rigenerazione tissutale, se non associata a gesti che stimolano il tessuto alla riparazione.

I vantaggi derivanti dalla chirurgia robotica assistita e dalla chirurgia protesica

La chirurgia robotica o computer assistita non si prefigge di insegnare al chirurgo come applicare una protesi ma è straordinariamente utile per farla inserire nel miglior modo possibile al fine di rispettare i vettori di forza e i carichi soggettivi scongiurando l’usura.

La chirurgia protesica, invece, è metaforicamente paragonabile ad un cardine da inserire in una porta. Tutti sono in grado di fare questa operazione però ci sono porte che si aprono e si chiudono per 300 anni e porte che invece anche dopo 3 mesi richiedono una revisione/manutenzione. La protesica è più o meno la stessa cosa: una protesi d’anca, se posizionata correttamente, dura in media 25/30 anni, una di ginocchio 15/20 anni, e così via…

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